MILAGRO (che l'attore dirige otto anni dopo GENTE COMUNE) è infatti diretto con ottima professionalità: i tempi sono perfetti, la sceneggiatura ed il taglio delle riprese garantiscono quella perfetta successione di tempi forti ed accentuazioni emotive che garantiscono il risultato. Gli attori, non certo dei divi, sono fusi alla gente del posto, il Nuovo Messico, con risultati quasi documentaristici. E l'ambiente, forse con qualche tentazione formalista di troppo, ci ridà quell'ampio respiro di cui gli americani conoscono il segreto.

Storia - spesso usata nel western - del poveraccio che rifiuta di cedere il suo orticello ai latifondisti, (qui nelle vesti di cinici - ma non troppo, nessuno è veramente cattivo in MILAGRO...- promotori turistici) MILAGRO è una favola ecologica. Ecologica in quanto auspica non soltanto la protezione della natura: ma invita ad un incontro armonioso dell'uomo con il suo ambiente. Favola, poiché tutti gli elementi di frattura vengono ricomposti in nome della magia favolistica. Gli angeli ritornano in terra con le sembianze di vecchietti da western per dare una mano a chicanos, sindacalisti e giornalisti. E quando i cattivi sembrano davvero trionfare, facendo sparire tutte le copie del giornale sul quale vengono denunciati i loro misfatti, ecco levarsi un vento misterioso (proprio come in MIRACOLO A MILANO) a favorire la diffusione dei fogli per la contrada.

In questa fede di Redford nel trionfo del Bene c'è tutto il suo coraggio (in un'epoca nella quale il successo si raggiunge con ben altro pragmatismo): MILAGRO, in questo senso, s'inserisce perfettamente nella filosofia delle Nuove frontiere, ed in quella dimensione morale tipica di tutta una cultura americana. Anche, ad essere onesti, il suo limite: quando, oltre che credere alla magia, sembra forzare la mano a certe evidenze scontate.

John Ford credeva anche lui alle nuove frontiere; ma non necessariamente a Gesù Bambino.